Oli easusti e bioplastiche

Oli easusti e bioplastiche

Si identifica con bioplastica un qualsiasi materiale plastico che derivi da materie prime rinnovabili e sia biodegradabile. Una nota bioplastica è la Mater-Bi, utilizzata spesso per i sacchetti dei rifiuti organici: si ottiene dall’amido di mais, degradandosi nell’acqua non pura, grazie all’azione di microorganismi, producendo acqua, anidride carbonica e metano.
La ricerca di materie prime che originino plastiche biodegradabile è continua: per fare qualche esempio, la Bioplast della Biotec si ottiene dalla fecola di patate, mentre la Solanyl canadese dalla loro buccia.

I ricercatori della Bio-on, una realtà sita in Emilia Romagna dedita alla produzione di plastica da scarti di lavorazione agricola, ha annunciato che l’olio di frittura esausto è una fonte adatta a produrre PHA. Con questa sigla si identificano i poliidrossialcanoati, polimeri poliesteri termoplastici sintetizzati da vari generi di batteri, dai quali si ottengono plastiche di qualità, biodegradabili in acqua non pura, come quella di un fiume, dissolvendosi in altra acqua.

La scoperta è importante: pensiamo ai miliardi di litri di olio esausto prodotti da America e Asia, che ha alti costi di smaltimento ed elevato impatto ambientale. Grazie ad un trattamento preventivo quest’olio è in grado di alimentare i batteri che sintetizzano i PHA.
Già nel giugno di quest’anno la Nafigate Corporation e la Bochemie avevano comunicato di voler rendere operativo per il 2020 uno stabilimento per la produzione di P3HB, sempre partendo dagli stessi olii esausti.

Nota: i P3HB (poli-ß-idrossibutirrato) sono polimeri biodegradabili ottenuti grazie a una serie di microorganismi posti in condizione di nutrienti limitati.

Fonte: PolimericaBio-on